Inquina di più la pelle animale o la pelle sintetica?

28/04/2023

Tempo di lettura: 6 minuti

C'è chi critica l'utilizzo di scarpe in pelle sintetica, affermando che inquinano e non sono biodegradabili.

Certo, la plastica inquina, ma... ci sono molti "ma" nella comparazione tra finta pelle e "vera pelle" (o cuoio) e alla fine escono sempre nettamente vincenti i materiali di origine non animale, dal punto di vista della sostenibilità. Dal punto di vista etico non c'è nemmeno gara, visto che la pelle si ottiene uccidendo gli animali e strappando la loro pelle, mentre per fabbricare la finta pelle non viene ucciso nessuno.

Il primo "ma": davvero il problema della plastica sono le scarpe?!

Il primo "ma" è una considerazione strettamente pratica: se confrontiamo la plastica usata per paio di scarpe con tutti gli imballaggi che ogni giorno ci vengono imposti, le scarpe non sono davvero nulla. Inoltre, le scarpe non sono usa e getta, gli imballaggi sì.

E perché preoccuparsi proprio delle scarpe, quando ogni giorno usiamo oggetti in plastica? Se compriamo un cestino per la carta straccia, o una pattumiera, in plastica, nessuno obietta. Se invece compriamo un paio di scarpe, siamo criticabili? E davvero chi usa le scarpe in pelle non utilizza alcun oggetto in plastica?

È chiaro che questa critica non ha basi logiche e non nasce da una genuina preoccupazione per l'ambiente: serve solo a difendere il "diritto" di usare pelle animale e uccidere esseri senzienti a questo scopo.

Secondo "ma": se si vuole evitare la plastica, esistono alternative alla pelle biodegradabili

Per quanto riguarda i materiali con cui produrre la "finta pelle", l scelta è ampia.

Meglio evitare il PVC (cloruro di polivinile), che ha il maggior impatto ambientale e preferire la pelle sintetica fatta di poliuretano (PU), migliore anche come qualità, più leggera e traspirante. Esistono poi le microfibre formate da poliammide e poliuretano, come la Ecolorica, inventata in Italia, e l'alcantara o l'ultrasuede per l'effetto "scamosciato".

Materiali invece biodegradabili usati per la "pelle vegetale" sono il sughero, il legno, le alghe e i tessuti ricavati da fibre vegetali come canapa, lino, bambù, juta, ecc.

Insomma, se vogliamo una vita a plastica zero o quasi, possiamo optare per questi materiali, scegliendo le nostre scarpe tra i tanti modelli disponibili on-line.

Ma la soluzione migliore è comprare di meno. Non serve avere 10 paia di scarpe o cambiarle ogni anno.

Terzo "ma": la pelle animale è sempre e comunque più inquinante

Anche se scegliamo le scarpe in poliuretano anziché quelle in fibre vegetali, il nostro impatto ambientale sarà sempre e comunque minore di quello causato dalle scarpe in pelle. Teniamolo sempre in mente.

La pelle stessa, poi, non è così biodegradabile: lo è più della plastica, certo, però nella migliore delle ipotesi la pelle conciata si degrada in 50 anni e ci può mettere facilmente migliaia di anni.

I più grossi difetti in termini di impatto nella produzione di pelle e cuoio sono due:

  1. il rilascio di scorie tossiche e cancerogene nella fase di conciatura;

  2. l'enorme impatto ambientale dell'allevamento, perché la pelle non cresce sugli alberi, non è affatto un "prodotto naturale": per ottenerla bisogna prima allevare gli animali, in particolare i bovini, e questo ha un effetto devastante sull'ambiente, come è ormai stato ampiamente dimostrato.

Riguardo al punto 2, non ci si può mettere in pace la coscienza asserendo che la pelle è un sottoprodotto dell'allevamento di animali, uno scarto che usiamo dopo aver allevato gli animali per la carne, "per non buttarlo via".

Non lo è. Per definizione, un sottoprodotto di un processo produttivo è uno scarto che ha un valore molto molto inferiore rispetto al prodotto primario. Quella della pelle, invece, è un'industria globale dal valore di oltre 100 miliardi di euro. La produzione di carne bovina e quella della pelle sono strettamente legate e la pelle è un co-prodotto della carne, non un sottoprodotto.

Esaminiamo un po' più a fondo i due punti sopra citati, per capire meglio quanto è dannosa l'industria della pelle.

Scorie tossiche

Per ottenere cuoio e pelle è necessario il processo di conciatura, che consiste nell'immergere la pelle degli animali scuoiati in vasche piene di sostanze chimiche, per tempi lunghi, al fine di renderla più flessibile.

Insomma, non è proprio vero che la pelle degli animali è qualcosa che urla "usami per fare le scarpe!". Per usarla a questo fine ha bisogno di una lavorazione che ha ben poco di "naturale" (come d'altra parte non è naturale l'allevamento di animali: è invece un'industria altamente inquinante).

Le concerie usano svariate sostanze chimiche, tra cui Cromo III, acido solforico, DDT e formaldeide. Il Cromo III è una delle sostanze più largamente usate e si ossida in Cromo IV, un noto cancerogeno in grado di danneggiare la salute sia dei lavoratori che dei residenti della zona.

Le concerie creano dunque grandi quantità di scorie tossiche. Secondo uno studio del 2006 [1], "l'inquinamento dell'aria e dell'acqua, l'esalazione di cattivi odori, l'avvelenamento da gas tossici, l'emissione nell'ambiente di scorie in modo non sicuro, sono tra i problemi riscontrati con maggiore o minore gravità nell'industria conciaria".

Uno studio svolto in Italia [2] ha collegato i sali di cromo all'aumentato tasso di cancro nei lavoratori delle concerie italiane, specialmente cancro alle narici, dato che si respirano spesso fumi nocivi durante la conciatura.

Impatto ambientale enorme causato dall'allevamento

È ben noto che l'allevamento di animali in generale, e di bovini in particolare, comporta un enorme spreco di risorse, perché per ottenere un kg di carne servono circa 15 chili di vegetali coltivati appositamente, con conseguente spreco di terreni fertili, acqua, energia, ed emissione di sostanze inquinanti e gas serra.

Basti pensare che se si sostituisse la carne bovina con cibi vegetali si risparmierebbe il 90% del territorio, il 96% di emissioni di gas serra e il 94% dei consumi di azoto (usato come fertilizzante) [3].

Un altro studio ha calcolato che ottenere 10 di proteine da prodotti animali richiede circa 10 volte più risorse ed emissioni di inquinanti rispetto ad ottenere gli stessi 10 grammi di proteine da ingredienti vegetali. [4]

Quindi, l'allevamento di animali in generale, e di bovini in particolare, è causa di un enorme impatto ambientale; ma la pelle e il cuoio si ottengono solo grazie agli allevamenti, non si possono ottenere in altro modo. Come visto prima, sono un co-prodotto dell'allevamento.

Per arrivare a inquinare tanto quanto l'industria zootecnica, quante scarpe di materiale sintetico dovremmo consumare? Una montagna...

Da ultimo, ma non per importanza, c'è la sofferenza degli animali, imprigionati, costretti a una vita del tutto innaturale e uccisi a 2 anni di vita (o anche meno), mentre potrebbero vivere almeno 20 anni.

Acquistare scarpe vegan è facile

Esistono moltissimi siti specializzati in scarpe vegan di qualità, realizzate con i più svariati materiali, anche biodegradabili.

Ma anche in qualsiasi negozio on-line generalista si possono trovare comodamente prodotti in "finta pelle" o "pelle sintetica" o "similpelle", basta selezionare la composizione attraverso i filtri di ricerca.

Facciamo solo attenzione all'ecopelle: il più delle volte non è pelle sintetica, ma pelle animale definita "ecologica". Una contraddizione in termini, perché la pelle animale non può mai avere un basso impatto ambientale. Potrà forse essere conciata con prodotti meno dannosi, ma l'inquinamento e i danni ambientali causati dall'allevamento nessuno li potrà mai cancellare e nemmeno ridurre.

Così come non potrà mai essere eliminata l'agonia e la morte degli animali degli allevamenti.

Leggi l'opuscolo Vestire vegan per approfondire (è scaricabile gratuitamente):

Vai all'opuscolo

Fonti

1. Dima W.Nazer, Rashed M.Al-Sa'ed, Maarten A.Siebel. Reducing the environmental impact of the unhairing–liming process in the leather tanning industry. Journal of Cleaner Production. Volume 14, Issue 1, 2006, Pages 65-74.

2. Battista, G., Comba, P., Orsi, D. et al. Nasal cancer in leather workers: an occupational disease. J Cancer Res Clin Oncol 121, 1–6 (1995). https://doi.org/10.1007/BF01202722

3. Gidon Eshel, Alon Shepon, Elad Noor, and Ron Milo Environmentally Optimal, Nutritionally Aware Beef Replacement Plant-Based Diets, Environmental Science & Technology, Environ. Sci. Technol., 2016, 50 (15), pp 8164–8168.

4. Fonte: Alon Shepon, Gidon Eshel, Elad Noor and Ron Milo, The opportunity cost of animal based diets exceeds all food losses, PNAS March 26, 2018. 201713820; published ahead of print March 26, 2018.

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