Donne nude e pesci morti

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09/08/2012

L'orrenda campagna "FishLove" dimostra ben poco amore per i pesci.

Difficile realizzare una campagna piu' raccappricciante di questa: donne dello spettacolo che si fanno fotografare nude, coperte solo da cadaveri di pesci ammazzati (hanno partecipato anche modelli uomini, mostrando pero' quasi sempre solo la faccia, assieme all'immancabile cadavere di animale acquatico).

E questa campagna ha il coraggio di chiamarsi FishLove. Amore per che cosa? Per il pesce fritto o alla griglia, non certo per gli animali marini.

I promotori ci tengono a specificare in home page che "Tutto il pesce usato per queste fotografie e' stato gentilmente donato da Waitrose [negozio di vendita online di alimentari] ed e' stato pescato in modo sostenibile, secondo l'impeccabile policy ambientalista dell'azienda".

Vien da chiedersi "Ma che cos'e', un macabro scherzo?". E questa impressione e' confermata dall'orrore e il ribrezzo che le foto suscitano: vedere questi poveri corpi di animali uccisi usati per nascondere parzialmente il corpo nudo delle modelle fa venire il voltastomaco, oltre a una tristezza infinita.

Eppure, no. Non e' uno scherzo di cattivo gusto. Al contrario, modelle e modelli - attrici, attori, donne e uomini dello spettacolo - si sentono pure degli eroi "socialmente impegnati" per aver prestato la loro immagine (e ai pesci, qualcuno l'ha chiesto se volevano prestare non solo la loro immagine, ma la loro vita?) per questa campagna "a favore della pesca sostenibile".

Purtroppo, oltre che rimanere schifati, non si puo' fare molto, non c'e' neppure nessuno contro cui protestare. Contro chi protestiamo? Scriviamo il nostro sdegno al ristorante di sushi che ha promosso l'iniziativa? Al negozio di alimentari on-line che vi collabora? Vendere animali morti e' il loro business, che si protesta a fare? Scrivere a Ocean2012 (che aderisce), la campagna che vuole chiedere all'UE di opporsi all'overfishing (pesca intensiva)? Anche questo sarebbe come parlare al vento, perche' il "cosa puoi fare tu" per il pubblico di questa campagna non e' altro che un manualetto che spiega quali specie di pesce, e pescate in quale luogo, si debbano scegliere per mangiare "pesce sostenibile"!

Se li si invita a smettere di promuovere il consumo di pesce, rispondono, stizziti, dicendo che non e' che tutti possano diventare vegan, e quindi quello che loro propongono e' di iniziare a limitare i danni che l'overfishing fa agli oceani, con una politica dei "piccoli passi".

Quello che pero' questa gente non capisce - o fa finta di non capire - e' che i piccoli passi andrebbero anche bene, ma solo se fossero nelle direzione giusta. E la direzione giusta e' SOLO quella di limitare i consumi, non ne esistono altre. Se si dice alla gente "compra questa specie, pescata in questa zona, al posto di quest'altra specie", il numero di pesci uccisi rimane lo stesso, perche' le persone ne mangiano la stessa quantita'. Se invece si invita a limitare drasticamente i consumi, quindi mangiare MENO pesci, di qualsiasi specie, allora si diminuisce davvero il danno. Perfino chi non capisce che l'unica scelta GIUSTA è diventare vegan, dovrebbe capire che se si vogliono fare "piccoli passi", l'unica possibilita' sensata è quella di limitare il consumo.

E' ovvio che invece da un punto di vista etico l'unica cosa GIUSTA e' smettere del tutto di uccidere animali - se un comportamento e' sbagliato, resta sbagliato, non diventa meno sbagliato se lo si fa meno spesso. Se picchiare i propri figli e' sbagliato, non diventa meno sbagliato se lo si fa 2 volte la settimana anziche' tutti i giorni. Per esempio.

Pure, se si vuole sostenere di applicare una politica dei piccoli passi, serve almeno che questi passi siano nella direzione giusta. Se non lo sono, il risultato che si ottiene e' ancora peggiore del non fare nulla, perche' cosi' le persone mangiano la stessa quantita' di pesci e si mettono pure la coscienza a posto perche' han comprato il pesce "sostenibile", e quindi non si porranno piu' il problema di impegnarsi in prima persona per evitare la distruzione degli oceani e dei loro abitanti. Tanto l'han gia' fatto, pensano.

Lo stesso problema ce l'hanno tutte quelle campagne che inducono il "consumatore" a scegliere prodotti di un dato tipo di allevamento (biologico, allevamento a terra, ecc.): non risolvono nulla, perche' il numero di animali uccisi non cambia, e mettono la gente in condizione di sentirsi con la coscienza a posto e a non fare piu' nulla, cosi' anche i "piccoli passi" che la campagna auspicava non vengono compiuti affatto; al contrario, queste campagne contribuiscono al mantenimento dello status quo.

Certo, la campagna FishLove batte tutte le altre per il cattivo gusto e il disprezzo per i pesci uccisi, oltre che per il ribrezzo che suscita.
Qui le rivoltanti foto.

Questo e' quanto possiamo aspettarci da chi sostiene di difendere gli oceani, in buona compagnia con tutte le associazioni ambientaliste di tutto il mondo.

A noi non resta che l'amarezza di vedere messi in mostra i corpi dei poveri pesci uccisi, in un ultimo insulto alle loro vite spezzate.

Marina Berati, 9 agosto 2012

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