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30/04/2008
Un racconto di Ingrid Newkirk ci fa capire come le aragoste siano animalicomunicativi e sensibili.
Un giorno, molti anni fa, per il mio compleanno mi portarono in un ristorante famoso per le sue aragoste, a Filadelfia, e ricordo che quella sera mi sentivo molto romantica e felice.
Il cameriere portò un vassoio d'argento, con sopra delle belle aragoste. Mi invitò a sceglierne una. Le aragoste facero vibrare le loro antenne verso di me. Ne scelsi una.
"Alla griglia o bollita?", chiese il cameriere.
"Alla griglia", dissi senza esitazioni.
Allora non avevo idea che il modo standard di uccidere le aragoste è di aprire il loro dorso; mettere sale e burro nella ferita; e poi metterle sulla griglia rovente e arrostirle vive.
L'aragosta ritornò sul tavolo. Le staccai una zampa, la aprii e ne tirai fuori la carne burrosa, ci aggiunsi del limone, e la misi in bocca.
Forse perché aveva cercato di comunicare con me in modo così commovente - era forse una supplica? O una minaccia? - ma al primo boccone, un pensiero mi colpì. Non ero diversa da quelle persone in Cina che scelgono il cucciolo di cane nella gabbia appesa al soffitto e lo tirano fuori per mangiarlo. Io non avevo prestato più attenzione a questi animali che agitavano le antenne, l'unico segnale che potevano fare per essere "udite", rispetto a quanta ne prestano i clienti cinesi ai cagnolini che piangono spaventati. Avevo scelto la mia vittima e l'avevo fatta uccidere e sentivo davvero di aver commesso una bassezza.
Nel tempo scoprii che le aragoste possono vivere fino a più di 100 anni, che hanno un lungo periodo di corteggiamento, che guidano le giovani aragoste nel loro cammino sul fondo del mare tenendosi per le zampe e formando catena lunga svariati metri, e che hanno dei gangli (nervi) lungo tutto il corpo che certamente fanno sentire loro il dolore; e ho scoperto che, anche se le teorie abbondano, nessuno ha mai ideato un modo soddisfacente per dare alla aragoste una morte senza dolore.
Quell'aragosta a Filadlefia è stata l'ultima che io abbia mai tentato di mangiare, anche se sono stata molto parziale con quelli che ora chiamo "animali marini" piuttosto che "cibo marino" (seafood). I piatti con sapori che ricordano quelli "marini" li realizzo ora facilmente con prodotti vegetali che imitano i piatti a base di pesce.
Ogni volta che sento la notizia di un "Albert" di 70 anni o anche di un "Jimmy" di 100 anni, alcune delle poche fortunate aragoste salvate da un acquario e liberate nel Maine - dove è illegale prelevare dall'oceano aragoste troppo grosse - festeggio con un bicchiere di vino bianco e un piatto di "cibo marino" vegetale!
Fonte:
Ingrid Newkirk, "A Lobster Epiphany", AnimalTimes (PETA UK), Primavera 2008
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"Papà, raccontami ancora di quando le persone hanno smesso di uccidere gli animali per mangiarli."
La storia che studieranno le prossime generazioni la stiamo scrivendo noi adesso. Facciamo in modo che sia una storia migliore per tutti gli esseri viventi.