Allevamenti di galline "a terra": non sono "senza crudelta'"

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23/06/2008

I risultati di una investigazione di Hillside Sanctuary negli allevamenti inglesi di galline ovaiole allevate a terra.

L'abbiamo gia' detto piu' volte: credere che comprando "uova di galline allevate a terra" anziche' in batteria si risparmino sofferenze alle galline e' solo una pia illusione, e insistere a indurre i consumatori a comprare uova "free-range" fa decisamente piu' male che bene alle galline.

Lo dimostra per l'ennesima volta una investigazione effettuata dall'associazione inglese Hillside Sanctuary, che ha visitato 20 allevamenti tra quelli "approvati" come "allevamenti di galline libere" dalla RSPCA (un'associazione di protezione degli animali del Regno Unito). Parliamo del Regno Unito, quindi una nazione dove il rispetto per gli animali e' maggiore che in qualsiasi altro paese d'Europa. Ebbene, anche li', come gia' spiegato nell'analogo caso della investigazione sugli allevamenti di maiali (vedi Condizioni pietose negli allevamenti di suini), le realta' degli allevamenti e' ben diversa da quella descritta nella pubblicita'.

In 7 casi su 20, quindi piu' di un terzo, gli investigatori di Hillside hanno trovato gli animali in condizioni atroci, come dimostrano le foto che vedete in questa pagina.

Alla fine, quel che l'associazione ha concluso, pur avendo invece sostenuto in passato l'opportunita' degli allevamenti a terra piuttosto che nelle gabbie in batteria, e' che non esistono prodotti di orgine animale che possano essere ottenuti "senza crudelta'". Negli anni, durante varie investigazioni, i volontari dell'associazione sono stati testmoni della sofferenza, fisica e psicologica, che gli animali devono subire perche' vengano prodotti carne, pesce, latte e latticini, uova. Anche nei rari casi - ma, tenetelo a mente, sono RARI - in cui le galline ovaiole siano allevate in relativa liberta', rimane la fine che queste galline fanno, sempre e comunque, da qualsiasi allevamento provengano. La loro fine e' il macello, a due anni di eta', per produrre "carne di seconda scelta" (per i dadi, il brodo, ecc.) ed e' la stessa fine atroce che tocca a tutti gli animali.

Solo diminuire i consumi puo' fare cambiare le cose

Ribadiamo dunque quello che abbiamo detto gia' piu' volte: per salvare animali e risparmiare loro sofferenza e morte non basta scegliere un tipo di allevamento piuttosto che un altro, non serve a nulla se la quantita' di "cibi animali" consumati rimane la stessa.

Non serve perche' il numero di animali uccisi rimane uguale.

Non serve perche' e' impossibile che i metodi di allevamento cambino davvero se non dimunuisce la richiesta di prodotti animali: i continui slittamenti di ogni normativa "a tutela" degli animali d'allevamento lo dimostrano. Allo stesso modo in cui lo dimostrano i tanti casi di illegalita' (nei trasporti, negli allevamenti, nei macelli) che non si possono arginare a causa dei controlli troppo poco numerosi. Come si potra' mai sperare di tenere sotto controllo la situazione se il numero di animali allevati continua a rimanere sempre lo stesso, o aumenta? Solo con una diminuzione sara' possibile sperare di andare, passo-passo, verso una situzione migliore!

Se volete davvero fare qualcosa per far cambiare in meglio le condizioni degli animali, dovete come minimo diminuire i consumi, per far diminuire il numero di animali allevati.

A noi farebbe piacere che questa diminuzione fosse del 100%, e' chiaro. Ma anche una diminuzione del 50% e' un primo passo verso la soluzione del problema. Cambiare tipo di uova acquistate, e consumarne sempre la stessa quantita', non salva animali, non fa cambiare le leggi, non fa diminuire gli abusi. Serve a mettere a posto la coscienza e far dimenticare il problema. Che continuera' pero' ad esistere.

Fonte:
Notiziario di Hillside Animal Sanctuary, Primavera 2008

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