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27/11/2008
Un dossier dell'associazione statunitense WSPA.
In concomitanza con la festivita' americana del Ringraziamento, occasione per il "tradizionale" massacro di tacchini, l'associazione zoofila WSPA ha pubblicato un corposo rapporto sui danni all'ambiente (e non solo) dell'alimentazione a base di prodotti di origine animale dall'inequivocabile titolo: L'allevamento intensivo sta mangiando il nostro futuro.
Questo rapporto, molto ben documentato, prende in esame i diversi aspetti deleteri dell'attuale produzione indistruale di carne, prodotti caseari e uova, affermando, senza mezzi termini che "... l'attuale trend e' letteralmente insostenibile. Ancor peggio, le produzioni animali sono la principale causa dei cambiamenti climatici che minacciano il futuro della vita sulla Terra, della scarsita' di risorse e dell'instabilita' dei mercati che sono alla base dell'attuale crisi alimentare e di altri problemi globali come la poverta' e le malattie".
Viene ripreso il rapporto FAO "L'ombra lunga degli allevamenti" (2006) che metteva in luce come la zootecnia fosse responsabile di ben il 18% dell'emissione di gas serra; si ricorda che per produrre un litro di latte occorrono 990 litri d'acqua (e, aggiungiamo noi che per fare un kg di formaggio ci vogliono una decina di litri di latte...); che le deiezioni animali contengono fosforo, nitrati e altri contaminanti; che l'abbattimento delle foreste per far spazio a pascoli e alle coltivazioni per l'alimentazione animale danneggia la biodiversita', incrementa i gas serra e riduce la disponibilita' di cibo per le popolazioni che ne hanno piu' bisogno...
Nella prefazione di questo rapporto, il Dr. R. K. Pachauri, premio Nobel per la pace e direttore dell'IPCC, il Panel Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici, fornisce due suggerimenti per arrestare questa tendenza alla crescita del consumo di carne che al ritmo attuale si stima debba raddoppiare entro il 2050. "Innazitutto creare consapevolezza nella pubblica opinione dei benefici di una riduzione dei consumi di carne, in secondo luogo addebitare una 'carbon tax' al prezzo della carne e stimolare cosi' una risposta del mercato con minori consumi a prezzi piu' alti".
Nel rapporto si trattano i diversi aspetti del problema, compresi quelli socio-economici legati all'esportazione dei metodi di allevamento intensivo nei paesi in via di sviluppo. L'assunto per cui questo e' necessario per fornire a quelle popolazioni "cibo a basso costo" e' sbagliato, perche' comunque i prodotti animali hanno un prezzo troppo alto per i veri poveri e affamati, e queste gigantesche fabbriche di animali distruggono il mercato del lavoro e minano la stabilita' sociale di quei paesi. Oltretutto questi paesi importano grandi quantitativi di carne a basso costo (perche' il prezzo e' falsato dai sussidi) dai paesi occidentali che vanno a rifornire i mercati delle grandi citta' e finiscono col danneggiare ulteriormente le produzioni locali.
Si pone poi l'accento sul problema della diffusione di epidemie che e' strettamente legato ai metodi di allevamento intensivo. "Mantenere migliaia di animali geneticamente simili, con un sistema immunitario deficitario, al chiuso e a contatto con le loro feci sono condizioni che intrinsecamente favoriscono l'evoluzione e la diffusione di nuovi tipi di batteri e micro-organismi". Anche su questo punto specifico non si puo' dimenticare il ruolo negativo che gioca il trasporto di animali vivi su lunga distanza. Tutto questo pero' sono costi nascosti, che non incidono sul prezzo della carne: li paga la collettivita' sotto forma di aiuti e agevolazioni statali e non l'industria dell'allevamento che ne e' la diretta responsabile. Basti pensare alla crisi della "mucca pazza" o piu' recentemente all'influenza aviaria, durante la quale gli allevatori sono stati pagati profumatamente coi soldi delle tasse dei cittadini.
Il rapporto formula diverse "raccomandazioni" per un allevamento sostenibile dal punto di vista ecologico, sociale e del benessere animale. Va ribaditao che l'unico allevamento "sostenibile" e' quello che preveda di allevare molti meno animali, gli attuali consumi non sono e non possono essere in alcun modo "sostenibili". Solo una diminuzione drastica dei consumi porta alla sostenibilita'. Il dossier segnala anche la necessita' di fermare i sussidi alla produzione industriale di alimenti animali.
Questi rapporti che affrontano il problema sul piano globale, pongono ciascuno un accento diverso su questo o quell'aspetto, ma tutti, in modo piu' o meno esplicito, mettono in evidenza la drammaticita' del problema e l'esigenza di attuare misure drastiche. A questa inversione di tendenza, come si ricorda esplicitamente nel rapporto, puo' contribuire in maniera determinante il comportamento dei singoli individui, sia in termini di contributo diretto sia in termini di "messaggio" a coloro che sono repsonsabili della catena produttiva e distributiva. E una parte importante di questo questo contributo individuale e' proprio quella delle nostre scelte alimentari.
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"Mamma, raccontami ancora di quando le persone hanno smesso di uccidere gli animali per mangiarli."
La storia che studieranno le prossime generazioni la stiamo scrivendo noi adesso. Facciamo in modo che sia una storia migliore per tutti gli esseri viventi.