La vera poesia del circo

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06/04/2010

Dove c'e' maltrattamento di animali, non c'e' posto per la poesia...

Il circo Medini!..."Ma dai!" mi sono detto. Era il circo dove Zampano' faceva il numero dell'uomo che spezzava le catene con la forza dei suoi "muscoli pettorali, ovverossia del petto"! Il circo attendato in riva al mare, dove ormai stanco, dopo il litigio fatale col Matto, e l'abbandono di Gelsomina consumava il suo stanco rituale per tirare a campare...

Sapevo che il Medini era un circo vero, ma che esistesse ancora dopo tutti quegli anni, "La Strada" e' del 1954, e che fosse proprio a Torino mi sembrava impossibile.

E invece si'. Mi ricordo che andai a uno spettacolo pomeridiano, in una zona di periferia dall'altra parte della citta'; era una giornata piovigginosa e fredda di novembre e quella corsa del tram semivuoto che sembrava non finire mai.

Il tendone era in un terreno spoglio, incastrato tra una sopraelevata e dei casoni di periferia. C'era solo qualche famiglia e un botteghino piccolo piccolo per i biglietti, quattro file di panche e una pista che misurava non piu' di dieci o quindici metri. Non c'erano le note malinconiche di Rota, ne' lo starnazzare delle trombette del circo, ma le solite canzonette suonate su un impianto da quattro soldi. Qualche clown, due numeri di giocoleria, un paio di cavalli che facevano un malinconico giro della pista. C'erano gia' i grandi circhi, c'erano gli Orfei e i Togni con i loro tendoni mega-galattici e tutto il serraglio in piena regola. C'era il Medini, a testimoniare un mondo che se ne andava.

Il circo ha una tradizione antica che affonda le sue radici nei girovaghi, nei saltimbanchi, in quella moltitudine di fanfaroni, briganti, nani, ammaestratori di animali; di "originali" che nei tempi andati trovavano il modo di tirare a campare senza lavorare girando di villaggio in villaggio, imbastendo spettacolini e rimediando la cena in osteria. Affonda le sue radici nello spettacolo popolare, nel destare meraviglia, nella dicotomia sempre attuale del clown Bianco e dell'Augusto, nella leggerezza e nella forza degli acrobati.

Siamo stati tutti affascinati dal circo. Per come viene rappresentato in decine di film, immagini e racconti; per come riemerge trasfigurato dai ricordi dell'infanzia il circo appare bello, poetico, una favola che ci porta in un mondo fantastico di luci, musica ed animali.

Ma e' proprio cosi' come appare? No, tanta poesia non c'e' mai stata, almeno per quanto riguarda l'uso degli animali. Non c'e' oggi nei circhi, come non c'e' stata da sempre nella tradizione degli animali ammaestrati. L'orso non ha mai "ballato" al suono del violino o del tamburello dello zingaro: veniva addestrato a mantenere quella posizione ponendo due piastre roventi nel punto esatto in cui avrebbe appoggiato le zampe anteriori. L'orso ballava per la paura delle ustioni che avrebbe subito nell'assumere la sua posizione naturale, e non certo perche' coinvolto dalla musica!

Tra il Medioevo ed il Rinascimento nasce il serraglio itinerate dove venivano mostrati gli animali esotici e le "bestie feroci" che tanto attraevano il pubblico. E' da questo genere di spettacoli che intorno alla meta' del settecento nasce in Inghilterra il circo moderno come struttura permamente, che un secolo dopo si evolvera' in circo itinerante. Tra '800 e '900 si afferma la figura del domatore, e ad opera dei fratelli Hagenbeck viene introdotta la gabbia circolare e smontabile che ancora oggi conosciamo.

Oggi sarebbe inacettabile, ma in fine ottocento il circo Barnum ha fatto la sua fortuna, non solo usando gli animali, ma esibendo i deformi, gli "scherzi della natura", le donne barbute, i gemelli siamesi. I "freaks" servivano a stupire, a solleticare la curiosita' morbosa della gente e quindi a fare cassa. Gli animali avevano ed hanno lo stesso scopo: attirare il pubblico ed esprimere forza e dominanza. Lo spettatore tende ad identificarsi col piu' forte, col domatore in questo caso, ed a sentirsi anche lui col potere della frusta in mano.

L'essenza e la ragione profonda che attira ancora tanta gente al circo e' questa: identificarsi col domatore, sentirsi dalla parte di quelli che possono comandare con uno schiocco di frusta. Ci sono anche i numeri comici, divertenti, quelli che fanno ridere. La foca che tiene la palla in equilibrio con il naso, l'elefante che si alza sulle zampe, la ballerina sul cavallo... Ridere degli animali significa ridere dei deboli, portare i bambini al circo significa insegnare loro che i piu' deboli e i diversi sono oggetto di dileggio e di scherno. Oggi, gli animali sostituiscono i freaks del circo Barnum di un secolo fa.

I circensi dicono che gli animali sono "trattati bene" e che li addestrano senza violenza. Non e' vero, e decine di testimonianze e di indagini sotto copertura dimostrano purtroppo il contrario. Non e' vero perche' il semplice fatto di detenere animali selvatici fuori dal loro ambiente, e in un clima che non e' il loro e' di per se' un grave maltrattamento. Non e' problema di "regole" che non vengono rispettate, di circensi bravi o cattivi. Le normative CITES che regolano la detenzione di questi animali, anche qualora fossero rispettate in modo rigoroso e venissero anche riviste in senso restrittivo, non sarebbero la soluzione al problema.

Il circo deve liberarsi degli animali, deve recuperare la sua migliore tradizione e adattarsi ad una mutata sensibilita' dell'opinione pubblica. In alcuni paesi e' vietato l'uso di animali selvatici, in diversi altri e' vietato l'utilizzo di tutti gli animali, compresi quindi anche i cavalli. Anche in Italia e' stata di recente presentata una proposta di legge in questo senso.

Poche settimane fa, a Milano, c'e' stata una conferenza stampa di ADI e AgireOra Network per la presentazione di una una campagna contro l'uso degli animali nei circhi che si basa su nuovi filmati che documentano la brutalita' degli addestramenti, e sulla testimonianza di un ex circense che ha trovato di coraggio di denunciare le violenze di cui e' stato testimone [1].

Il circo non deve sparire ma anzi deve crescere, e per farlo deve estripare da se' quel cancro costituito dall'utilizzo degli animali. I businessman del circo pero' non lo faranno mai se non ne saranno costretti: dalle leggi, ma sopratutto dalla pressione dell'opinione pubblica e dagli incassi al botteghino.

Noi tutti possiamo fare molto contro questo spettacolo anacronistico e diseducativo che comporta la prigionia e violenza per milioni di animali in tutto il mondo. Non ci dobbiamo andare e consigliare ai nostri amici di fare altrettanto: ma dobbiamo anche partecipare alle iniziative informative, ai presidi che vengono organizzati contro i circhi con animali [2].

C'e' qualcuno che i volantini li rifiuta con un "l'ho gia' preso" ("...ma dove?"), quelli cortesi che ti dicono "no, grazie", quelli che sbuffano o peggio. Tanti pero' li prendono e non te li buttano a terra davanti al naso. Tanti li leggono. Non ti ricordi tutte le facce, ma quella mamma con i due ragazzini mi era rimasta impressa. Quando me la vedo ritornare indietro a ringraziarci, rivolgersi ai bambini chiedendo loro se erano davvero convinti di non voler entrare... e loro che rispondevano di si' e' stato davvero bello.

L'immagine di questa donna ancora giovane con i suoi figli per mano che si allontana, che lascia il tendone alla sue spalle, sempre piu' lontano nell'enorme piazzale spolverato di neve e' la vera poesia del circo.

di Valter Fiore, dicembre 2009

Note:

[1] La crudelta' sugli animali del circo Ringling Brothers

[2] Istruzioni su come si organizza un presidio contro i circhi con animali

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