Veganismo viscerale

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08/12/2014

Riuscireste a guardare le fasi di "produzione" di una bistecca mentre la state mangiando?

Ecco un secondo articolo basato sui contenuti del libro "The Ultimate Betrayal", di Hope e Cogen Bohanec. Chi fosse interessato a leggere il primo articolo (ma non è necessario per comprendere i concetti espressi in questo, sono del tutto slegati), può trovarlo qui: Il tradimento degli allevamenti 'alternativi'

Buona lettura,
Marina Berati

Gli autori di "The Ultimate Betrayal" illustrano nel primo capitolo del loro libro un concetto che ho trovato nuovo ed efficace: quello del "veganismo viscerale", come ulteriore dimostrazione che quella di non uccidere animali sia la scelta giusta senza ombra di dubbio. Ce lo dicono perfino le nostre viscere... Già, perché... immaginiamoci a tavola. Se stiamo mangiando un piatto di spaghetti col pomodoro o con le verdure non abbiamo alcun problema a immaginare, proprio mentre mangiamo le varie fasi di produzione di quel cibo. Non ci disturba in alcun modo immaginare la fase di semina del grano o dei pomodori, le piante che crescono, la raccolta e la mietitura. Se ci mostrassero un documentario che ritrae tutto il processo produttivo, guardarlo durante il pasto non ci creerebbe alcun problema.

Ma se, da onnivori, stessimo invece mangiando degli spaghetti al ragù di carne... avremmo, letteralmente "lo stomaco" di guardare un documentario che mostri davvero tutti i passi necessari a ottenere quel ragù?

Saremmo in grado di guardare l'operazione di inseminazione artificiale, con l'allevatore che inserisce l'intero braccio nel retto della mucca e con l'altro braccio inserisce lo strumento per l'inseminazione nella vagina? Riusciremmo a guardare il vitello che nasce e la sua macellazione dopo poco tempo? Riusciremmo a mangiare mentre l'animale, giunto il momento della macellazione, viene sollevato in aria appeso per una zampa e gli viene tagliata la gola, col sangue che riempie il pavimento? Potremmo inghiottire mentre viene tagliata la testa all'animale, segato a metà il corpo e le interiora estratte? Ben lungi dal riuscire a mangiare, faremmo fatica a non vomitare. Se non riusciamo nemmeno a guardare queste cose, allora mangiare il prodotto finale di questo processo non è poi qualcosa di così naturale, accettabile, ammissibile, giusto.

Un animale ucciso ci provoca repulsione, non appetito. Un animale carnivoro mangia la sua preda cruda, in ogni sua parte, col sangue ancora caldo e pulsante, e non sente in alcun modo ribrezzo. Per lui è cibo. Per noi no. Noi dobbiamo tagliare il cadavere a pezzi, eliminare tutto il sangue, scartare certe parti e nascondere a noi stessi che si tratta di un cadavere.

Certo, ci sono anche alcun persone che possono provare a piacere nel vedere sofferenza, sangue, morte, violenza, sopraffazione. Ma sono una minoranza, sono persone sadiche. Tutti gli altri non amano assistere a questi crudeli spettacoli, e non riuscirebbero di certo a farlo durante il pasto.

Se poi riflettessimo sul fatto che praticamente in ogni pezzo di carne e sulle uova c'è una certa quantità di feci, e di pus nel latte e latticini, e che latticini e uova non sono altro che l'escrezione mammaria e il risultato del processo di ovulazione di alcune specie animali... tali prodotti risulterebbero ben poco appetibili, se non ci dessimo molto da fare per nascondere a noi stessi questi aspetti e non ci fossimo culturalmente "abituati" in maniera forzata.

Tutto questo non accade con i prodotti vegetali. Non c'è nulla nei vegetali e nella loro coltivazione che ci possa causare ribrezzo, disgusto o pena. Non c'è bisogno di alcuna costruzione culturale e rimozione di fatti imbarazzanti o nauseanti.

L'etica già ci insegna quanto sia sbagliato far soffrire e uccidere un essere senziente per un mero e superficiale piacere personale. Ma l'argomento del "veganismo viscerale" ci dice qualcosa di più: ci dice che anche "di pancia" sentiamo sbagliata la violenza sanguinaria inflitta agli animali per renderli "cibo".

Allontanarci da questa violenza, e fare la scelta vegan, è dunque qualcosa che mette d'accordo tutto quanto abbiamo dentro di più vero e meno artefatto: il nostro cuore, la nostra etica, il nostro senso di giustizia e anche le nostre sensazioni più viscerali, di pancia.

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