Fake news degli allevatori smentite da nuovo studio

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25/10/2017

Negli ultimi anni le associazioni di categoria degli allevatori si sono organizzate per cercare di contrastare l'ormai imponente mole di studi scientifici indipendenti che, nel corso di decenni, hanno dimostrato i danni derivanti dal consumo di carne, latticini, uova, per la salute umana e per quella dell'ambiente.

All'industria zootecnica i fondi certamente non mancano per finanziare "studi" di parte né per pubblicare dossier che, giocando sulle parole e sulle statistiche, cercano di "dimostrare" un ossimoro, una contraddizione in termini: che esistano le "carni sostenibili".

Questo ci sta davvero derubando: della salute delle persone, di quella del pianeta, di risorse economiche. Per non parlare della vita di innumerevoli animali. Tutto a vantaggio di quest'industria miliardaria.

Ce lo conferma, numeri alla mano, uno studio pubblicato lo scorso anno sulla rivista scientifica PNAS, con primo autore Marco Springmann, un ricercatore dell'Università di Oxford che, in seguito alle sue ricerche sui danni del consumo di ingredienti animali, ha deciso lui stesso di passare a un'alimentazione 100% vegetale (l'articolo è "Analisi e valutazione dei co-benefici sulla salute e sui cambiamenti climatici di un cambiamento della dieta").

Lo studio del dr. Springmann, che ha avuto vasta eco sui giornali di tutto il mondo, ha stimato anche dal punto di vista monetario l'impatto positivo che il passaggio a una dieta 100% vegetale ha sulla salute umana globale e sui cambiamenti climatici. Anche se, chiaramente, non c'è prezzo per la vita e per la salute del pianeta che ci ospita.

Ecco come i risultati di questo studio smascherano per l'ennesima volta le bufale e le mistificazioni degli allevatori.

Sbagliato Gli allevatori: "Il consumo di carne è sostenibile ed è necessario per una dieta bilanciata" (questo sostengono in tutta la loro propaganda).

Corretto Nelle interviste rilasciate dopo la pubblicazione del suo studio, il dr. Springmann afferma esplicitamente che: "Quello che mangiamo influenza moltissimo la nostra salute personale e l'ambiente globale". Ed è altrettanto esplicito nel dichiarare che la dieta standard dei paesi ricchi (Italia inclusa) è sbilanciata e dannosa: "Le diete sbilanciate, come quelle a basso contenuto di frutta e verdura e ad alto contenuto di carne rossa e lavorata, sono responsabili del maggior impatto negativo sulla salute umana e il comparto alimentare è anche responsabile di oltre un quarto di tutte le emissioni di gas serra e quindi dei cambiamenti climatici".

Sbagliato L'industria zootecnica tenta in ogni maniera di indurre le persone a non diminuire i consumi di carne, anzi, ad aumentarli, dipingendo scenari tragici per l'economia mondiale ogni volta che in Italia si assiste una diminuzione di tali consumi.

Corretto Il recente studio ci dice invece che passando a una dieta 100% vegetale si salverebbe la vita a 8.1 milioni di persone l'anno (evitando morti per le malattie degenerative quali malattie cardiovascolari, infarto, cancro, diabete) e si risparmierebbero 1000 miliardi di dollari l'anno (come risparmio nella spesa sanitaria pubblica e privata e nell'evitare giornate di lavoro perse per malattia). La disinformazione fatta dagli allevatori, che vogliono lo status quo sul consumo di carne, fa perdere dunque vite umane e denaro pubblico.

Non solo: lo studio mostra anche che, perfino rimanendo all'interno della dieta onnivora, senza passare alla molto più sana alimentazione vegetale, il consumo di carne, specie quella rossa, deve COMUNQUE essere almeno dimezzato, a livello mondiale, e ridotto di 2/3 nei paesi industrializzati. Infatti le linee guida emanate dal governo statunitense prevedono, per l'alimentazione onnivora, un massimo di 43 grammi di carne rossa al giorno. La carne rossa è quella di manzo e di maiale e in Italia se ne consumano circa 150 g al giorno, in aggiunta ad altri 50 g di carne di pollo (anch'essa dannosa in quanto ricca di grassi animali). Siamo a più del triplo del massimo consentito da linee guida onnivore emanate da un Ministero che, com'è noto, non è certo nemico degli allevatori, tutt'altro.

Sbagliato Gli allevatori si ostinano a sostenere che esistono "carni sostenibili" che hanno un basso impatto sul riscaldamento globale, una contraddizione in termini, e si oppongono con ogni mezzo a una maggior diffusione di prodotti e menù vegetali, anche con metodi piuttosto ridicoli, come il voler vietare per legge l'uso delle parole "latte", "formaggio", "hamburger", "polpette" ecc. riferite ai prodotti vegetali.

Corretto Lo studio del dr. Springmann mostra che avere carni sostenibili è assolutamente impossibile. Le emissioni di gas serra derivanti dalla produzione di cibo sono proprio quelle che portano il riscaldamento globale a livelli insostenibili, anche a causa dell'aumento previsto di popolazione e del fatto che le persone nei paesi in via di sviluppo vogliono consumare tanta carne quante se ne consuma nei paesi industrializzati. Sono infatti gli allevamenti la causa principale di emissioni di gas serra del settore alimentare.

Entro il 2050, le emissioni in questo raggiungeranno il 50% del totale di tutte le attività umane. Possiamo contrastare parzialmente questo aumento con una drastica diminuzione dei consumi di carne così come prevista dalle linee guida onnivore, che farebbe diminuire le emissioni di gas serra del 29%. Molto meglio si può fare con una dieta 100% vegetale: la diminuzione sarebbe del 70%!

Secondo il dr. Springmann bisogna quindi adoperarsi, per il bene di tutti, per rendere maggiormente disponibili, in ristoranti e supermercati, prodotti e ingredienti vegetali. Egli dichiara nelle interviste: "Sarebbe sensato offrire come opzione standard un pasto 100% vegetale nei ristorante, nei buffet delle stazioni, ecc. in modo da facilitare le persone a seguire una tale dieta. Tanti suggeriscono cambiamenti marginali - dimezzare le porzioni di carne per esempio. Va benissimo, ma perché non fare il passo completo? Dare l'opzione vegan come standard sarebbe più sano e più sostenibile e sarebbe un forte messaggio per cambiare abitudini". Egli suggerisce inoltre che anche i supermercati dovrebbero promuovere una dieta a base vegetale e che i prezzi dei cibi dovrebbero riflettere i costi anche monetari dei danni inflitti alla salute e all'ambiente e quindi i prodotti animali dovrebbero costare di più.

Conclusioni

In tutto questo, naturalmente, non compare alcun "calcolo" dei costi in termini di vite animali, perché non è di questo che le riviste scientifiche si occupano.

Ma noi sì. E dunque ricordiamo sempre che le prime vittime dell'industria zootecnica sono gli innumerevoli animali che soffrono negli allevamenti e trovano la morte nei macelli e che ogni azione di difesa di questa industria è un attacco agli esseri più deboli.

Possiamo difendere questi esseri innocenti dedicando un po' del nostro tempo al volontariato: bastano anche poche ore al mese per fare la differenza. Puoi farlo attraverso le attività proposte nell'Area Volontari di AgireOra.

Partecipa all'area volontari

Fonti

Marco Springmann, H. Charles J. Godfray, Mike Rayner, Peter Scarborough, Analysis and valuation of the health and climate change cobenefits of dietary change, PNAS, Feb 2016.

Oxford Martin School, Plant-based diets could save millions of lives and dramatically cut greenhouse gas emissions, 21 marzo 2016.

Oxford Today, What if we all turned vegan by 2050?, 15 marzo 2017.

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